a Trento
CASTELLETTO DEI VESCOVI - PALAZZO PRETORIO - TORRE DI PIAZZA
Lo spazio
seminterrato, vale a dire il resto della cappella palatina
inferiore, è stata nominata: Aula San Giovanni, dopo i
restauri della seconda metà di questo secolo. La campagna di
scavi condotta nel 1964 - 1977, sotto la direzione di Iginio
Rogger ha rimesso in luce la Basilica Paleocristiana e i
resti della Cripta del Vescovo Altemanno (1124 -
1149)entrambe rese visibili nel sottosuolo del Duomo,
assieme ai due sacelli laterali ai mosaici del VI secolo e
alle sepolture vescovili sistemate nel vano centrale della
Basilica paleocristiana, dove due tavole marmoree indicano
la successione cronologica dei Vescovi tridentini del IV
secolo. Durante i lavori furono rinvenute importanti
documentazioni romane e longobarde. L'antichità e
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l'importanza dell'area
dove sorge il complesso monumentale, sacro e
profano, è stato confermato dagli scavi eseguiti
a partire dal 1988, sia nel settore del Palazzo
Pretorio, connesso alla Porta Veronensis che in
quella sottostante alla Segreteria Capitolare.
La cinta urbica romana correva infatti dove c'è
la Torre di Piazza attraversando la piazza
stessa. A meridione dell'attuale Cattefrale
passava il torrente Fersina, ben arginato verso
la città. Esso costituiva un fossato naturale e
un ponte era gettato sulla strada fuori dalla
Porta Veronensis. Nel medioevo il torrente fu
portato dove oggi c'è Piazza Fiera e la cinta
urbica fu allargata fino a comprendere il Borgo
Nuovo, sicuramente esistente, quale centro
umano in sviluppo, già alla fine del
millecento. Il castello, così come ci è
giunto, salvo talune
modificazioni posteriori sia esterne (finestroni
di gusto rinascimentale, corpo d'unione
tardogotica antistante l'absidina del
transetto nord) che interne (eliminazione
delle cappelle palatine) è opera della
ricostruzione fatta eseguire nel primo
ventennio |
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dal Principe Vescovo Federico Vanga
( 1207-1218). Informa il dittico Udarlciano
che il Vanga <riedificò con il muro più alto,
il palazzo (Palacium) con la cappella
dall'incendio e dalla troppa venustà distrutto
(Consumptum); desiderò pure costruire con mura
solidissime la chiesa del santo martire
Vigilio>. E' questa pure la documentazione
dell'avvio, almeno progettuale della grande
fabbrica della Cattedrale tardoromanica. A
tale scopo il Vanga chiamò a Trento valenti
maestri muratori e lapidici lombardi. Lo
ricorda l'altra documentazione scritta, questa
volta epigrafica sulla pietra murata del
contrafforte dello zoccolo meridionale del
settore absidale centrale: <nell'anno del
Signore 1212 primo giorno di febbraio,
presidente e disponente il Venerabile vescovo
tridentino Federico de Vanga, l'opera di
questa chiesa incominciò e costruì maestro
Adamo d'Arogno della diocesi di Como e il
circuito assieme ai suoi figli in seguito i
suoi nipoti, con le appendici interne ed
esterne di questa chiesa magistralmente
fabbricarono. Di lui e della sua prole il
sepolcro qui sotto rimane, pregate per loro>.
L'incendio che distrusse l'edificio, deve
essere avvenuto dopo il 1201. In quell'anno
infatti, il sei maggio, il vescovo Corrado di
Beseno, presiedette un'assemblea feudale
convocata |
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per l'investitura del ripatico del guaco di
Sacco < presso la Cappella di San Biagio >.
Sette anni dopo, il 28 febbraio 1208, numerosi
testimoni, e tra essi alcuni tra i più bei nomi
della nobiltà incastellata tridentina, si
riunirono nella < Camera del Vescovo che è nel
solario del Palazzo Episcopale>. Lì Angelpreto,
figlio del fu Ottone di Beseno, vendette al
vescovo Federico la sua parte di Castel Beseno.
Tra il 1210 e il 1211 altri documenti vengono
rogati, presente il Vanga, nel Palazzo superiore
del vescovado. Una domanda nasce spontanea, quel
Palazzo Superiore è da identificarsi con il
Castelletto, essendo quest'ultimo di alcuni
metri più alto del contiguo Palazzo Pretorio ?
Una rapida quanto suggestiva descrizione
dell'edificio quale era prima dell'incendio e
della conseguente ricostruzione Vanghiana è
contenuta nella < Carta > dell'affitto e delle <
Ragioni > dovute al vescovo di Trento da coloro
che erano impegnati nelle miniere d'argento del
M. Calisio <quì utuntur arzenteria>.
continua>>>>>
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