a Trento
Dal
pilastro ottagonale centrale ( m. 10 per lato )a fungo, si
sviluppano le volte a crociera poggiate su mezza colonna di
calcare rosso che partiscono le nicchie accurate. Un sedile
di Leno avvolge il suo basamento. Sulla faccia delle vele
del pilastro, sono dipinti gli stemmi e gli emblemi di
Bernardo Clesio, lo stemma di Firmian, altri tre,
indecifrabili e la data 1808, corrispondente alla
numerazione civica del governo bavaro. I tre portali di
pietra di sinistra danno su tre attigue sale gotiche e sulla
scala a chiocciola, quella di fronte alla cucina del
ristorante; quello piccolo arcuato, al termine della
gradinata di cinque gradini di pietra, nella Cucina Nera o
Cucina Vecchia, dalla gran cappa del camino e dal forno da
pane. Lo strombo della finestra dal rialzo a terrazzo, che
un'incerta tradizione vuole essere il <pulpito> delle
sentenze, è profondo oltre un metro e mezzo. La scala a
chiocciola collega il pian terreno al sottotetto;
settantacinque larghi scalini di pietra, venticinque per il
piano nobile e cinquanta per l soffitte. Al mezzanino c'è la
cosiddetta <prigione a goccia>. Uno stretto cunicolo lungo 5
m. che immette in un impressionante ambiente a volta di
botte. E' illuminato dalle finestrelle strombate che danno
sulla galleria e sugli spalti a nord. Al <piano nobile> si
apre la <Sala del giudizio> o <Sala del Trono>, meglio sala
dei Cavalieri. Ripete la concezione architettonica della
sottostante <Sala delle Guardie>. Un pilastro ottagonale
centrale ( 7,70 m. di perimetro )da origine alla volta a
crociera e a padiglione. La <Corte Interna> o corte della
Rocca è il cuore del castello vecchio. E' un largo spiazzo
libero, leggermente in salita, con un abete decapitato nel
mezzo; la roccia affiorante ai lati è chiusa tra il Palazzo,
l'ala detta Clesiana e le cortine che congiungono alla torre
sommitale detta < Torre Grande> o con neologismo turistico,
<Torre Isabella>. L'ala Clesiana è stata
fortemente
restaurata, (manomessa) nei rifacimenti di inizio secolo.
E' poggiata alla cortina occidentale che in sua
corrispondenza è sopraelevata. Accoglieva le stalle, i
fienili e i magazzini. E' collegata con il Palazzo da un
cavalcavia di legno, pure esso un'aggiunta moderna. Dalla
corte tra le due cinte, al di sotto dell'allineamento delle
11 finestrelle a ghiera di cotto del coronamento, si scorge
l'originale merlatura a coda di rondine, con feritoie,
murata e messa in rilievo dall'intonacatura di calce. La
Torre quadra mediana, scalare, è addossata al lato sud
dell'ala Clesiana. All'imposta destra del fornice, a volta
di botte è inserito quale materiale di reinpiego un
pavimento di pietra tombale blasonata, di calcare rosso e
resti di iscrizione in lettere gotiche. I fornici delle
torri contenuti nelle cortine sono un pò la caratteristica
edilizia degli apprestamenti difensivi del castello. Una
gradinata di pietra sale sullo spalto, di dove si abbraccia
un vasto panorama. Nei pressi c'è una veneranda quercia. Il
suo tronco raggiunge una circonferenza di 2,70 m. La chioma
sorpassa di un bel pò la cortina. La storiografia
tradizionale riporta che il castello sia stato fortificato
in età Longobarda. Il sospetto che il colle abbia accolto un
castelliere preistorico oppure un castello comunitario di
rifugio altomedievale custodito da un <capo>, non è avallato
da prove archeologiche o scritte, sebbene il ritrovamento di
monete possa far pensare a una frequentazione romana -
imperiale. L'iinsistenza dell'apparato edificiale medievale e
le sue modificazioni, hanno probabilmente cancellato le
tracce arcaiche. La dimostrazione indiretta dell'importanza
nel tempo, dell'altura, può essere cercata nei materiali
preistorici dell'età dei metalli sopratutto del ferro,
corrispondente alla civiltà retica, accertati sul gemello
dosso del Tegazzo e su quelli vicini. Un altro fattore,
questa volta fornito dalle fonti scritte, contribuisce a dar
rilievo alla presenza altomedievale di Pergine; Todo Avardus
e Carentianus de Pergines, vassalli, presenziarono assieme
ad altri personaggi del ducato trentino, Scabini, Stuldasci,
vassalli - tanto tedeschi quanto longobardi - ad un placito
presieduto il 26 febbraio 845 al palazzo di Trento dal
giudice palatino Gariboldo. Non si sa se Todo Avardus e il
Corentianus elencati dal notaio siano stati, tedeschi o
longobardi. Erano certamente dei personaggi di spicco,
uomini liberi, dotati di beni patrimoniali e forse, cariche
pubbliche.
continua>>
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